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Da Camaldoli il Codice per una nuova Europa

Da Camaldoli il Codice per una nuova Europa

Ottant’anni dopo il primo Codice di Camaldoli, l’Angelicum di Roma ha ospitato il convegno “Da Camaldoli il codice per una nuova Europa”. Un’occasione per tornare alle radici di un pensiero politico e sociale che, nel pieno della guerra, seppe immaginare un Paese nuovo. A ricordarne il senso e l’attualità è stato padre Francesco Compagnoni, presidente di Adjuvantes – Fondo di Solidarietà Educativa ETS. “Il primo, vecchio Codice di Camaldoli fu pensato e venne al dunque durante il luglio del 1943, cioè nel periodo più buio della nostra storia”, ha spiegato. “Erano giovani della Fuci e dei Laureati cattolici che volevano presentare un canovaccio per la politica italiana dopo la fine della guerra”. Tra loro, nomi come La Pira, Fanfani, Andreotti, Vittorino Veronese e Sergio Paronetto, che “era giovane, poco più di trent’anni”, e che “fu uno dei grandi promulgatori di questo codice”.
In quelle settimane drammatiche, “parlavano del modo nuovo di pensare alla famiglia, al lavoro, all’economia e soprattutto al rapporto fra cittadino e Stato, perché eravamo nell’epoca del nazismo e del fascismo”. Il Codice divenne così il laboratorio di una visione politica fondata sulla dignità della persona e sulla collaborazione fra i popoli. Oggi, ha detto Compagnoni, “abbiamo adesso l’Unione Europea, che nel dopoguerra fu molto spinta dai democratici cristiani di tutta l’Europa”. Da qui l’idea di una “Nuova Camaldoli”: “Non si tratta di un documento di principi, ma di come realizzare i principi della dottrina sociale della Chiesa. I cattolici non possono non impegnarsi nella politica: non vuol dire voler dominare, ma collaborare al bene comune”.

La proposta del Codice per una nuova Europa nasce proprio da questa convinzione: “Il documento non si riferisce tanto alla politica interna italiana, quanto a quella europea. Dice in modo molto semplice ma serio: ‘Tutti questi grandi principi, perché non li costruiamo veramente?’”. L’obiettivo è “vedere chi sono quelli che veramente sono disponibili per ragioni interne o per motivi ideali e che devono impegnarsi a realizzare questi principi: i diritti dell’uomo e i principi classici della dottrina sociale della Chiesa”.
Padre Compagnoni ha ricordato che nel testo del 1943 “la parola Europa non compare”, ma che quella visione “è l’ispirazione della Costituzione che porrà le basi per la costruzione di cooperazioni internazionali anche attraverso la cessione di sovranità”. Oggi, invece, “quello che appare importante è la costruzione di una comunità, nonostante gli ostacoli di propagande o di forze che cercano di disgregare le collaborazioni già create”. Guardando al presente, il domenicano invita a “riscoprire l’entusiasmo che aveva la vecchia generazione e che oggi noi, per tanti motivi, sembra che non abbiamo più”. Ma anche a “avere più fiducia in noi stessi e non cadere nell’idea che tanto non cambia niente o che è solo la forza che conta”.
Infine, un monito: “Abbiamo talmente tanti input che dimentichiamo di avere gli output. Se non siamo attori consapevoli, gli altri ci agiscono. Rischiamo di tornare sudditi, non più cittadini, ancora meno cittadini attivi”.