Il 3° Seminario nazionale dei referenti diocesani della Formazione all’impegno sociopolitico, svoltosi il 27 giugno a Roma presso la Casa San Juan de Avila, è stato un tempo di confronto fraterno, di discernimento comunitario e di rilancio per un cammino ecclesiale che vuole restare fedele al Vangelo e attento ai segni dei tempi. Nel solco della 50ª Settimana Sociale di Trieste, l’incontro ha offerto l’occasione per fare il punto sul percorso sin qui compiuto e per progettare insieme i passi futuri. Non un semplice appuntamento organizzativo, ma un momento di comunione, di narrazione e di speranza, alla luce di un’espressione che ha accompagnato l’intera giornata: “Partecipare e non parteggiare”.
Un processo da abitare
Ad aprire i lavori è stato mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace, che ha ricordato come Trieste sia stata per tutta la Chiesa italiana “una grande esperienza, un tempo di grazia”. Ma, ha aggiunto, “non vogliamo fermarci a un evento: desideriamo che quel seme continui a germogliare nei territori”. Riprendendo una delle leggi indicate da Papa Francesco in Evangelii gaudium, mons. Renna ha sottolineato che “il tempo è superiore allo spazio” e che, proprio per questo, “non ci interessa occupare luoghi, ma avviare processi”. In questo senso, la formazione all’impegno sociale e politico è oggi più che mai urgente, purché sappia essere “esperienziale, interattiva, in rete” e capace di mettere al centro le persone, come ha espresso chiaramente una delle raccomandazioni emerse da Trieste. Accanto alla visione e al metodo, occorre però equilibrio: “Una scuola sbilanciata solo sulla proposta culturale o solo sulla pratica rischia di essere povera. Bisogna tenerle insieme”, ha affermato, richiamando anche la necessità di una “fedeltà dinamica” alla Dottrina sociale della Chiesa, in grado di confrontarsi con le nuove sfide come l’intelligenza artificiale.
La bussola del discernimento
A offrire una riflessione di ampio respiro è stato Edoardo Patriarca, già presidente dell’Agesci, che ha ribadito come la formazione non sia un contenitore di contenuti, ma un’esperienza che coinvolge la vita intera. “La Dottrina sociale della Chiesa deve diventare un punto di riferimento quotidiano, una mappa interiore per giudicare, discernere, scegliere”, ha detto. L’impegno cristiano nel mondo, ha aggiunto, non può limitarsi all’agire individuale: “facciamo tante cose ben fatte, ma se non incidiamo sulle politiche restiamo inefficaci”. Ha poi incoraggiato a superare le logiche contrapposte: “non possiamo più pensare in termini di destra o sinistra. Dobbiamo invece coltivare legami, generare amicizia sociale, saper entrare nel conflitto con generosità”. Perché, ha concluso, “il servizio alla politica richiede tempo, dedizione, e la consapevolezza di essere parte di una grande squadra”.
Tre esperienze, un’unica direzione
La seconda parte della mattinata è stata dedicata al racconto di alcune esperienze di formazione nate nei territori, come segni concreti di un cammino condiviso.
A Catania, Claudio Sammartino ha presentato un percorso nato dal basso, rivolto agli studenti delle superiori e dell’università. Si è trattato di un corso strutturato su testimonianze, laboratori e momenti di riflessione, che ha portato i giovani a realizzare piccoli progetti e video: “non ci siamo limitati a parlare di impegno politico: il percorso è partito dai giovani, è stato popolato dai giovani nei luoghi in cui vivono con l’obiettivo di renderli protagonisti. Non dobbiamo colonizzare il mondo dei giovani con la formula superata della lezione frontale, ma farli riflettere”, ha spiegato.
A Brindisi-Ostuni, Paola Calcagni e Tiziana Barletta hanno illustrato un cammino diocesano sviluppato in tre moduli, con la partecipazione di parrocchie, amministratori e associazioni. “Abbiamo scelto di passare dalla logica del parteggiare a quella del partecipare”, ha detto Calcagni, riprendendo le parole di Papa Francesco alla Settimana Sociale. Barletta, impegnata nell’amministrazione locale, ha condiviso la sua esperienza personale: “Questo cammino mi ha aiutata a non sentirmi sola. Mi ha dato forza e gioia nell’impegno quotidiano”. E ha citato don Tonino Bello: “Essere cristiani nella polis è avere il grembiule addosso e le mani pronte a servire”.
A Treviso, Daniela Zanussi e don Paolo Magoga hanno presentato il progetto “Network per il bene comune”, una rete di realtà attive sul territorio, nate con l’obiettivo di “dare nuova vita all’esistente” e riportare la politica dentro le comunità e viceversa. “In un tempo segnato da astensionismo e disaffezione – ha osservato Zanussi – è urgente tornare a credere nella politica come forma alta di carità”. Don Magoga ha evidenziato il valore di un metodo che parte dalla conoscenza reciproca e costruisce unità nella diversità: “ogni realtà ha mantenuto il proprio stile, ma insieme abbiamo scelto un tema comune su cui lavorare. Così si costruisce una vera massa critica”.
Un metodo per il futuro
A chiudere i lavori, nel pomeriggio, è stata Daniela Ropelato, dell’Istituto Universitario Sophia, che ha proposto una riflessione sul “metodo Trieste”, invitando a valorizzarlo come strumento concreto per la progettazione pastorale e formativa. Il metodo, ha evidenziato, è quello della sinodalità, del dialogo tra diversi, del discernimento comune, e può diventare risorsa viva per ogni diocesi.
Andrea Canton









