di Gabriella Calvano, membro del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali
A pochi giorni dal voto Europeo soffermarsi sui risultati elettorali può aiutarci a riflettere ulteriormente non solo sui dati ma, presumibilmente, sulle ragioni che hanno orientato le scelte di volto. A consentire questa analisi sono i dati pubblicati da SWG (https://www.swg.it/osservatorio) sul voto dei segmenti sociodemografici. Innanzitutto, è bene sottolineare che, per la prima volta in assoluto, è stata data la possibilità agli studenti universitari fuorisede di potersi attivare per chiedere di votare senza ritornare nei propri comuni di residenza. Tuttavia, le regole assai complesse, l’esclusione dei lavoratori fuori sede, e la scarsa pubblicizzazione hanno fatto sì che a richiedere il voto a distanza siano stati poco più di 23.000. Un motivo per portare avanti, la campagna “vota dove vivi”, che chiede di estendere le possibilità del voto a distanza.
Nel confronto con le precedenti elezioni europee la perdita di partecipazione è stata significativa, passando dal 54 al 47%. Ad astenersi sono state soprattutto le donne (+11% rispetto alla media) e gli appartenenti a decili di reddito più bassi (+13%). Leggermente superiore alla media nazionale risulta anche l’astensionismo tra i giovani che si attesta al 56%. Anche il divario territoriale rispetto all’esercizio di voto è un fattore da considerare: il Nord-Ovest è la zona del Paese con più votanti (55,1%), le Isole quella con meno (37,8%), anche se, rispetto alle Europee del 2019, il Nord ha perso più del Sud in termini di punti percentuali. Le città e i comuni dove si votava anche per le amministrative hanno registrato, come era da aspettarsi, una maggiore affluenza alle urne rispetto a quelli dove si votava solo per le europee.
In Europa il voto dei 18-34enni ha penalizzato (rispetto alla media dei votanti totali) i tradizionali partiti PPE e Socialisti (-3%), Democratici europei (-6%) e i conservatori (-1%), mentre ha avvantaggiato sinistra europea (+4%) e i gruppi Identità e democrazia (+2%), Renew Europe (+1%), verdi (+1%). Dunque, in Europa, complessivamente i giovani tendono a polarizzarsi verso destra o verso sinistra, con una preferenza verso quei partiti europeisti che esprimono una forte domanda di cambiamento sociale.
In Italia i giovani 18-34 mostrano di preferire partiti con posizioni maggiormente europeiste e vicine ai temi ambientali e della tutela dei diritti civili con una spiccata preferenza per Alleanza Verdi-Sinistra (+4% rispetto alla media dei votanti) e Azione (+3%), mentre sembrano meno attratti da partiti come Fratelli d’Italia (-8%) e Lega (-3%). Il Movimento 5 Stelle, essendo partito tendenzialmente giovane, non mostra scostamenti particolarmente rilevanti, nonostante il forte calo rispetto alle precedenti elezioni Europee, che lo vede come il maggior partito penalizzato dall’aumento dell’astensione.
Il voto nella fascia 35-54 si riversa in modo maggiore verso Fratelli d’Italia (+4%) e presenta una astensione superiore del 2% rispetto alla media nazionale. Si tratta di una fascia di età che ormai appare più disillusa rispetto a quella dei più giovani, avendo sperimentato in media una perdita consistente di tenore di vita e del benessere nell’arco della propria esperienza lavorativa ed avendo assistito alla lunga stagione dell’alternanza fra centro-sinistra e centro-destra negli anni della seconda repubblica con la conseguente delusione rispetto all’operato dei partiti che hanno guidato quella fase politica (PD e Forza Italia).
Il voto di quanti superano i 54 anni, che sono anche la classe di età più numerosa, è molto vicino alle media del totale degli elettori e ne condiziona fortemente l’esito. È la generazione che partecipa maggiormente al voto con una distribuzione del consenso simile alla media complessiva: ha votato il 53% degli aventi diritto al voto, contro il 49% della media nazionale.
Il voto dei lavoratori autonomi sembra essere intercettato in misura superiore alla media da Lega (+2%), AVS (+1%) e Azione (+1%), mentre il voto operaio premia nettamente Fratelli d’Italia con un +10% e M5S (+4%) e penalizza tutti i partiti di centro sinistra: PD (-8%), Verdi (-4%). A spingere in questa direzione sono, probabilmente, gli effetti della globalizzazione economica sul tessuto manifatturiero, la riduzione dei livelli di welfare e la percezione dell’aumento delle migrazioni come causa di insicurezza sociale e di peggioramento del tenore di vita.
Il voto del cosiddetto ceto medio appare un po’ disorientato e polarizzato da opposte tendenze. Da una parte premia FI (+4%), dall’altra il PD (+2%) e Azione (+1%), con tassi di astensione minori rispetto alla media (-3%). L’erosione dei livelli di vita del ceto medio, riconducibile a narrative molto diverse, e più in generale, la percezione di un futuro incerto (seppur non per tutti necessariamente negativo) potrebbe alimentare questo disorientamento.
Il voto di chi ha difficoltà economiche sembra aggrapparsi a partiti che vengono percepiti come di rottura rispetti all’establishment (Lega, M5S) oppure che veicolano ancora una speranza di riscatto individuale grazie alle virtù dell’autoimprenditorialità (Forza Italia), soffrendo, tuttavia, un maggiore astensionismo (+5%).
Un discorso diverso va fatto per i fuorisede, i quali hanno fatto registrare il 40% di preferenze per AVS, il 25% per il PD e il 10% per Azione. Fratelli d’Italia è al 3% e la Lega allo 0,5%. È interessante notare come, molto probabilmente, nel caso specifico di questa porzione di popolazione elettorale, il voto sia stato orientato verso quei partiti che sono impegnati nella lotta contro le diseguaglianze, per la pace e il contrasto ai cambiamenti climatici che sono, tra l’altro, gli stessi motivi per i quali gli studenti protestano ormai da mesi nelle proprie università.
Le elezioni europee confermano, dunque, la tendenza verso la riduzione della partecipazione elettorale, con una difficoltà soprattutto delle fasce sociali più fragili, dei giovani e delle donne a vedere nel voto e nella partecipazione politica uno strumento di riscatto e di miglioramento delle condizioni di vita proprie e del proprio gruppo di riferimento. Allo stesso tempo il voto di quanti si recano alle urne conferma l’esistenza di linee di faglia che hanno a che fare solo in parte con le proprie condizioni oggettive di vita (età, genere, condizione sociale, localizzazione): all’interno di ciascun segmento sociale, la voglia di riscatto e di partecipazione e gli ostacoli che in essa si incontrano o si temono, vengono infatti declinate seguendo modalità e narrative molto diverse, se non addirittura polari. La forte mobilità dell’elettorato e della stessa partecipazione al voto impedisce di teorizzare una tendenza stabile dell’elettorato verso questa o quella direzione politica. Esiste, dunque, uno spazio, non solo per comporre gli interessi di vari gruppi sociali secondo modalità nuove, ma soprattutto per orientare le aspettative di molti (elettori e astenuti) verso un orizzonte comune, secondo prospettive e progettualità sospinte dal desiderio, più che dalla paura, dal dialogo più che dal conflitto. Ci auguriamo che la Settimana Sociale di Trieste possa dare strumenti ed energie per lavorare in questa direzione.