Pubblichiamo l’intervento di Mons. Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste, al Seminario “Camminare insieme dopo Trieste” del 3 settembre.
La Settimana Sociale dei cattolici ha avuto su Trieste un indubbio impatto positivo. La partecipazione alle piazze tematiche, agli eventi serali, ai vari stand – villaggi delle Buone pratiche è stata notevole e dai riscontri informali la Settimana Sociale ha suscitato molti apprezzamenti nella comunità tergestina. Il Papa nel suo intervento ai delegati ha parlato di segni dello Spirito, e la Città di Trieste li aveva apprezzati nei vari Stand / villaggi delle Buone pratiche e nelle varie piazze tematiche. Queste le parole del Papa riguardo a quel cuore risanato che con creatività mostra una democrazia possibile: “Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità. Persino nei campi dell’economia, della ideologia, della politica, della società. Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto…”. Tutte queste iniziative e persone dicono che è possibile superare il “cancro della democrazia” che è l’indifferenza, sempre per citare il Papa.
Quale il cammino che abbiamo davanti come Chiesa di Trieste?
Segnalo alcuni pensieri.
- Il tema della partecipazione e della democrazia anche per la comunità cristiana di Trieste rimane un cantiere aperto. Le indicazioni che il Papa, il Card. Zuppi, il Presidente Mattarella e i vari relatori ma poi i lavori di gruppo ci hanno fornito rimangono un cantiere aperto. Non ci sono formule ma responsabilità condivise. Sempre il Papa ha detto: “Non lasciamoci ingannare dalle soluzioni facili. Appassioniamoci invece al bene comune…”. Come Chiesa di Trieste ne siamo consapevoli. Anche alcune linee pastorali intraprese (per esempio con l’indicazione di una maggiore corresponsabilità nelle varie emergenze sociali, pensiamo per esempio al tema dei migranti ma anche al gran numero di persone anziane e sole) incentivano la partecipazione e corresponsabilità di tutta la comunità e di tutte le persone, anche se in modalità varie e nelle direzioni più diverse. In altre parole matura la consapevolezza che ci sono responsabilità indelegabili, che appartengono alla testimonianza di ciascun battezzato, anche – lo ripeto – se in modalità diverse e secondo i carismi di ciascuno.
- Tra il 13 e il 15 settembre a Borca di Cadore faremo un fine settimana sul tema “I cristiani e la città. Orientamenti a partire dalla cinquantesima Settimana Sociale dei Cattolici in Italia”. L’idea è quella di pensare/immaginare insieme le ricadute della Settimana Sociale dei cattolici sulla nostra comunità. E anche con il metodo partecipativo sperimentato nella stessa Settimana Sociale (e un grazie al Comitato scientifico per le indicazioni metodologiche). Dunque non un calare dall’alto ma un elaborare insieme con la numerosa delegazione di Trieste che ha partecipato alla settimana di luglio. Sarà un ulteriore laboratorio partecipativo. Per questo nelle linee pastorali che presto saranno presentate volutamente resta questo spazio aperto: come valorizzare in diocesi l’esperienza della Settimana Sociale dei cattolici?
- Il luogo vero di discernimento pastorale rimangono i Consigli pastorali e presbiterali. E tuttavia si sente il bisogno di allargare modalità e stili di autentica partecipazione, evitando deleghe e anche frustrazioni per la nostra irrilevanza nei confronti di problemi sociali così intricati. Ecco che il materiale prodotto a Borca potrà essere un prezioso contributo in questa direzione. È evidente che come Chiesa riconosciamo che ci sono livelli diversi e responsabilità differenti: riconosciamo che ai laici (e anche alle loro organizzazioni) spetta nella loro autonomia costruire la città e prendersi cura della democrazia anche attraverso impegni diretti in politica. E tuttavia per questa democrazia malata (come è sotto gli occhi di tutti) occorre un’elaborazione culturale, l’offrire spazi di dialogo non polarizzati ideologicamente. Le varie forme di partecipazione pre-partitica ma di grande impatto sociale rimangono compiti che la Settimana sociale in qualche modo ci ha consegnato. Vedremo come concretizzarli, anche sorretti dalle indicazioni che ci saranno consegnate dal Comitato scientifico e dalla CEI.
- Nel flusso storico oggi siamo tutti consapevoli della fragilità della democrazia e della crisi di partecipazione. La Settimana Sociale dei cattolici non ha percorso la via facile della colpevolizzazione o della semplice elencazione dei mali e difetti della democrazia e della cultura individualistica. Ci ha fornito linee culturali, buone prassi da imparare, idee e stili coraggiosi da intraprendere. C’è un fermento vitale nelle nostre comunità, a dispetto delle analisi e delle narrazioni pessimistiche. C’è tanto da sperimentare con creatività.
Alla base di questi pensieri ci stanno contenuti chiari: sono quelli della Dottrina sociale della Chiesa, con il fondamento antropologico che ci vede attenti in particolare a chi è fragile, in un’ottica di solidarietà-sussidiarietà, di bene comune universale, di denuncia delle strutture di peccato. La Settimana Sociale ha fatto emergere questo patrimonio, anche traducendolo in linguaggi più comprensibili alla nostra cultura.
In altre parole come nella Settimana Sociale dei Cattolici il tema (la partecipazione e democrazia) ha forgiato anche il metodo dei lavori, anche ora nell’ottica della sinodalità vorremmo riscrivere insieme per la nostra Chiesa e la nostra Città quali sono i compiti che l’attuale crisi di partecipazione e di democrazia ci consegna. Non si tratta di ripetere stancamente dei principi e delle norme: si tratta invece di accompagnare processi di partecipazione e di responsabilità perché la testimonianza della comunità cristiana e di ogni singolo battezzato possa di nuovo far comprendere la freschezza del Vangelo, la possibilità anche oggi di vivere forme autentiche di prossimità e di solidarietà, il coraggio e la speranza nel costruire un mondo in cui la libertà, la giustizia e la pace sono obiettivi e responsabilità di tutti e non solo dei politici.
La metafora dei volontari della Settimana Sociale dei cattolici: loro hanno anticipato nella forma di un’esperienza concreta il compito di partecipare a costruire insieme la società (cioè hanno anticipato quello che poi si sarebbe trattato): provenienti da vissuti estremamente vari; uomini e donne di ogni generazione; alcuni studenti altri lavoratori altri pensionati; alcuni hanno preso una settimana di ferie per fare integralmente il servizio di volontariato; c’erano anche disabili. Senza di loro e senza la loro gratuità non si sarebbe potuto tenere la Settimana Sociale. Non sono mancati gli imprevisti: insieme hanno collaborato per superarli. A loro l’applauso più lungo dell’Assemblea dei delegati. La partecipazione è un’esperienza sociale, la democrazia pure. Non si tratta di formule astratte ma di obiettivi concreti ed esperienze condivise che autorizzano le persone al dono di sé e del proprio tempo. Alla base di tutto c’è il Vangelo, con la sua rilevanza personale e insieme storica.