“La Settimana Sociale di Trieste? Sono molto curioso e contento di partecipare perché propone temi centrali, sui quali interagire con le altre reti associative del mondo sociale cattolico per mettere al centro dell’agenda politica ed ecclesiale la questione giovanile”. Don Francesco Preite è il presidente di Salesiani per il sociale, organizzazione no profit che mette insieme 88 organizzazioni salesiane (enti ecclesiastici, organizzazioni di volontariato, associazioni e cooperative sociali) che in Italia operano per il sociale, in particolar modo nel contrasto di disagi che minano alla base il futuro di tanti giovani: il fenomeno dei NEET, ragazzi che non studiano né lavorano e la povertà educativa.
Anche per gli eredi di don Bosco la 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024, sarà una tappa fondamentale per impostare il lavoro dei prossimi anni. E sarà cruciale farlo assieme: “Non possiamo – osserva don Preite – intervenire da soli davanti a questi fenomeni, da soli non c’è storia e non c’è futuro. Dobbiamo fare rete comunicando, interpellando, dialogando insieme, trovando azioni condivise e proporle alla politica nazionale”. “Il tema della partecipazione, anche alla vita politica, dei giovani ci interessa tantissimo – continua – perché con i giovani bisogna unire grandi sogni alla concretezza. Dalla Settimana Sociale di Trieste mi aspetto che il protagonismo giovanile torni al centro del dibattito. Se finalmente vogliamo dare fiducia a questi giovani, ascoltare ciò che hanno da dire perché siano strumento di discernimento dell’intera comunità, allora il volto della Chiesa e della società potrà cambiare, perché i giovani sono la primavera dello Spirito, i giovani possono far nascere dal basso delle rivoluzioni, non con la violenza ma con la forza dei sogni”.
Sogno, certo, ma anche concretezza. E non è un caso se il progetto di partecipazione dal basso che sta accompagnando i Salesiani ha come titolo “Organizzare la speranza 2125”. Una frase di don Tonino Bello ribadita più volte da papa Francesco. “Non basta sperare – commenta don Preite – ma bisogna organizzare la speranza, renderla operativa, costruire le possibilità che liberino le persone dal laccio della povertà e i giovani dal degrado culturale e sociale”. I quasi sei milioni di italiani in povertà assoluta – dei quali un milione e 400 mila minori – connotano la povertà non più come emergenza, ma come “dato strutturale”. “A partire da questa consapevolezza – spiega – dobbiamo operare perché vi siano politiche sistemiche che intervengano radicalmente sul fenomeno della povertà”. Con il progetto “Organizzare la speranza” i salesiani hanno individuato cinque aree di sfida: il servizio civile universale, la formazione della rete salesiana, la tutela e l’educazione dei minori, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti e infine l’inserimento sociale e lavorativo dei giovani. Sfide equamente importanti, che nonostante le difficoltà – come il taglio del 37% al servizio civile – vengono affrontate con progettualità e visione. E anche qui, il protagonismo dei giovani attraverso rinnovate forme di partecipazione può rappresentare la via del successo. “Dare voce ai giovani negli organismi di partecipazione, come sta facendo la Chiesa con il Sinodo – aggiunge don Preite – rende più fresco e più forte l’annuncio del Vangelo. Allo stesso modo, mettere i giovani al centro della società civile significa rendere più fresco e più forte il loro messaggio di pace, di speranza e di gioia”.
Da Trieste ci si aspetta che questi auspici trovino gambe su cui camminare anche grazie alla forza e alla testimonianza delle buone pratiche, nate da processi di partecipazione dal basso. Don Preite cita le esperienze che sono riuscite ad affrontare nei territori la piaga della disoccupazione giovanile. Ma è importante – anche a partire da Trieste – che questi buoni esempi possano replicarsi ovunque, specie dove c’è più necessità di loro. “Non è possibile – conclude don Preite – che nei territori dove la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile sono maggiori manchino esperienze e politiche di formazione professionale. Dobbiamo aiutare i territori più fragili, garantendo eguaglianza tra Nord e Sud”.
Andrea Canton