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Settimane Sociali

Le Giornate dei Cattolici Europei rilanciano l’impegno

Le Giornate dei Cattolici Europei rilanciano l’impegno

Terza edizione delle Giornate dei Cattolici Europei: dopo Madrid e Danzica, tocca a Bratislava. Dalla seconda edizione purtroppo non sono passati i 5 anni canonici, la pandemia ha costretto l’organizzazione a rimandare, ma la voglia di tornare a dialogare era troppo forte, dunque, seppur ridotte nei numeri, le delegazioni europee sono riuscite ad incontrarsi dal 17 al 20 marzo. Questa volta il tema è stato quello della transizione, demografica, tecnologica-digitale ed ecologica: tre ambiti apparentemente a sé stanti, ma in realtà, come dice Papa Francesco e come è stato ribadito più volte alla Settimana Sociale dei cattolici italiani di Taranto, #tuttoèconnesso.
La delegazione italiana che alla fine vi ha preso parte in presenza era costituita da Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania e Presidente del Comitato Scientifico delle Settimane Sociali, da don Bruno Bignami, direttore dell’ Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, e da Mario Viglietti, animatore di comunità del Progetto Policoro e membro del Comitato scientifico.
Gli arrivi sono avvenuti tutti giovedì 17: volo da Roma fino a Vienna, e poi dritti in auto fino al Crowne Plaza di Bratislava, al confine occidentale della Slovacchia. Ad accogliere i delegati dei vari paesi europei è stato Mons. Zvolensky, Arcivescovo di Bratislava, che ha illustrato il logo scelto, ispirato al patrono del luogo, San Martino, che di fronte a un povero, ad un sofferente, sceglie di agire, di privarsi delle proprie comodità: taglia parte del proprio mantello per aiutare il fratello in difficoltà. E infatti, anche il Santo Padre riprende questa immagine nel suo messaggio. “San Martino – dice il Papa – ricorda come l’amore sia prossimità concreta, cura dell’altro… Chi ama supera la paura e la diffidenza di quanti si affacciano alle nostre frontiere. Accogliere è doveroso ed umano, ancor più è cristiano. Soprattutto in questo periodo atroce per i fratelli ucraini. Siamo chiamati ad una convivenza basata sulla fraternità, in quella che Alcide De Gasperi definiva la Nostra patria europea”. Il tema della fraternità è stato poi ripreso anche da Mons Grušas, presidente della CCEE, che ha sottolineato come l’ uomo debba continuare ad essere il perno dell’ operato della Chiesa e che per questo non bisogna correre il rischio “di ingozzarsi di connessioni, perdendo il gusto della fraternità”. Il Cardinale Hollerich, presidente della COMECE, ha ricordato che è nei sogni del Papa una Europa più comunitaria, più fraterna: “mi chiedo infatti se proprio la comune radice cristiana dei paesi membri che ha portato alla nascita dell’ UE non possa essere in futuro da sprone anche per la nascita degli Stati Uniti d’Europa. In fondo le tragedie degli ultimi tempi continuano a ricordarcelo, dalla pandemia di Covid-19 alla guerra in Ucraina: nessuno può farcela da solo. Nessuno”. Un condanna totale alle assurdità della guerra è stata poi avanzata dal Cardinale Czerny, Prefetto del dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, che ha rilevato come la vita delle persone continui ad essere umiliata non solo nel Vecchio continente, ma anche in Yemen, Siria, Etiopia ecc. “Ogni guerra è una sconfitta per l’umanità”, ha detto.  La prima parte della mattinata si è poi conclusa con il saluto del presidente della repubblica slovacca, Zuzana Čaputová.
La seconda parte della mattinata del primo giorno è stata veramente ricca: il giusto input per motivare i lavori delle giornate successive. Suor Cécile Renouard, professoressa del “Campus de la Transition”,  ha offerto una esperienza vera e concreta di formazione all’ecologia integrale e ad uno stile di vita che lei stessa ha definito “frugale”. Ha presentato “6 gate” con cui accedere ai processi e “3 orizzonti”, chiamati H1, il punto di partenza, l’ordinario, H3, l’obiettivo da raggiungere, il futuro desiderabile, ed H2, l’ itinerario per passare dal punto 1 al punto 3. Questo itinerario deve implicare una conversione nello stile di vita ed una idea di progresso diversa, un principio di benessere differente: ha presentato infatti un grafico di un benessere a ciambella, il quale non dovrebbe realizzarsi senza rispettare il pavimento sociale ed il soffitto ecologico. A seguire la riflessione del Prof Lichner, ex presidente della società europea di teologia cattolica, che ha chiuso ribaltando il motto romano Si vis pacem para bellum: Si vis pacem, para iustitia – parafrasando – Se vuoi la pace, crea un mondo più giusto.
Il primo pomeriggio è continuato con riflessioni in merito alla transizione demografica, in modo da preparare i delegati ai workshop pomeridiani. Ospiti illustri, come il prof. Blangiardo, presidente dell’ ISTAT, hanno analizzato la crisi demografica, senza però valutare adeguatamente l’eziologia del problema e soprattutto la diversità territoriale, come emerso invece nei gruppi. Noi italiani siamo stati fortunati perché,  divisi per preferenza linguistica, siamo capitati con la platea più eterogenea (Svizzera, Portogallo, Croazia, Ungheria, Cipro, Polonia e Spagna), considerato che diversi consacrati hanno studiato in Italia. E’ emerso come il nord Europa tenda ad avere delle cause più culturali, mentre nel sud Europa, come in Italia, in cui i valori familiari continuano ad avere una certa importanza, le ragioni sono più economiche: la precarietà del lavoro e l’instabilità economica non vanno a braccetto con la genitorialità responsabile.
La giornata di sabato è stata bipartita. Il mattino è stato dedicato alla transizione tecnologica e digitale. Ha aperto le riflessioni Mons Tighe, segretario del Pontificio Consiglio della cultura. Il Vescovo di Drivastrum ha mostrato come le tecnologie non siano neutre, anzi, portano con sé un dna, una propria identità. Inoltre, a dimostrazione di come le tre transizioni siano connesse, i metalli rari necessari per le nuove tecnologie implicano un maggiore sfruttamento delle risorse, e soprattutto sono spesso causa di conflitti per il dominio ed il controllo delle stesse. Anche il Cloud, che sembra qualcosa di metafisico, è una realtà, è fisico ed è tra i grandi consumatori di energia. Inoltre, soffermandosi sui social network, ha sottolineato quanto “l’economia dell’attenzione” favorisca la polarizzazione del pensiero, rendendo necessaria un’ educazione verso un approccio più critico alla conoscenza. “Siamo corporei e per natura sociali. Dio ci ha amati per primo”, ha affermato. Ovviamente poi, in merito alla transizione digitale, non si poteva non toccare il tema del tele-lavoro e dello smart-working che dal 2017 al 2020 è passato dal 5 al 12%. Come sottolineava la giovane Sarah Prenger, presidente dell’ International Young Christian Workers (IYCW), il lavoro da casa ha permesso di risparmiare tempo da un lato, ma ha fatto sfumare il confine tra vita lavorativa e familiare, estendo spesso l’orario di lavoro. Inoltre faceva emergere un altro spunto di riflessione: se le aziende hanno risparmiato in spazi e strumentazioni, queste sono ricadute sul lavoratore, senza tener conto poi che anche la sua sicurezza non può essere valutata o monitorata a livello domestico. La sua proposta principale, cui chiedeva alla Chiesa europea di farsi carico, era quella del diritto alla disconnessione e al riposo domenicale: che sia in presenza o a distanza la giustizia va sempre perseguita! Poi la parola è passata al Prof Ulrich Hemel, Presidente degli imprenditori cattolici in Germania e membro dell’ Uniapac, il quale ha presentato 12 punti che hanno toccato tutti gli aspetti del panorama tecnologico e digitale, dall’ intelligenza artificiale alla responsabilità digitale. Ha concluso con un invito, ovvero: “Ogni volta che ci si approccia ad un dispositivo digitale bisogna chiedersi: promuove o inibisce uno sviluppo di un mondo più umano?”. Dopo di lui, come da prassi di tutti i momenti di plenaria, a concludere la sessione è stato un membro del Parlamento Europeo, in questo caso Miriam Lexmann, che ha denunciato l’attuale relativismo come base di un nuovo totalitarismo che sta finendo per uniformare le coscienze, terminando in maniera ottimista citando Winston Churchill: “Non sprecate mai una buona crisi”.
Dopo più di un’ora di workshop, Mons Grušas, presidente della CCEE, ha presieduto al Messa durante la quale, ricordando le parole di Papa Francesco, ha presentato San Giuseppe come un patrono speciale per tutti coloro che in questo tempo lasciano la loro terra a causa di guerre, persecuzioni e miseria.
Nel pomeriggio, ha aperto il dibattito Daniel Guèry, coordinatore delle ONG cattoliche accreditate presso il Consiglio d’Europa, presentando i punti che avevano raccolto in un contributo a disposizione dei partecipanti ed online, in cui le tre transizioni si connettevano ed intrecciavano in un unico invito ad un rapporto nuovo, diverso, con la natura e con gli altri esseri umani. Poi è intervenuta la meteorologa Helga Kromp-Kolb, la quale ha esordito in maniera forte e diretta “La scienza non risolverà i problemi”. Con questa frase ad effetto, la scienziata ha ribadito che per scongiurare l’aumento di temperatura del pianeta di 1,5°C nei prossimi otto anni sarà necessario un moto comune, un approccio diverso alla vita, basato su un passaggio valoriale che metta da parte gli attuali principi economici di eccesso e spreco: la Chiesa, la religione, come anche le altre religioni, possono dare un grande contributo in questo. Poi ci sono stati anche gli interessanti discorsi di Marie Lavall, presidente della federazione internazionale movimenti giovanili cattolici parrocchiali  (FIMCAP), e dell’ europarlamentare Philippe Lamberts, ma quello che ha dominato anche le discussioni dei gruppi di lavoro sono stati gli stimoli dovuti alle struggenti parole di Mons Borden Dzyurakh, vescovo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. Tra le sue parole di dolore, struggenti, c’è stato spazio anche per il ringraziamento ai paesi europei che stanno aiutando il popolo ucraino e stanno dimostrando una profonda anima cristiana. Ha concluso con un invito, una speranza, ovvero che solo lo sforzo di ricordare le ferite del vecchio continente, come quelle lasciate dal comunismo, possa portare ad una consapevolezza piena, ad una conversione dei cuori e ad una nuova Europa, più giusta e più fraterna.
Dopo aver concluso la giornata di sabato con uno spettacolo dei giovanissimi artisti della compagnia folkloristica rom Čiriklore, la domenica mattina è stata dedicata alle relazioni in merito alle tre transizioni, frutto di ciò che era emerso nei lavori di gruppo. Il compito è toccato a Maria Nyman, segretario generale di Caritas Europa, Luca Jahier, membro del comitato economico e sociale europeo, e da Josianne Gauthier, segretario generale del CIDSE. La chiusura degli European Catholic Social days è stata affidata a Mons Zvolensky’, Arcivescovo di Bratislava, Mons Grušas, presidente CCEE, e al Cardinale Hollerich, presidente della COMECE, che ha poi anche celebrato la Messa conclusiva nella bellissima cattedrale gotica di San Martino, con tutti i vescovi e sacerdoti presenti.
Sono felice di aver visto che c’erano altri giovani delegati, anche se ancora in un piccolo numero, mentre le donne erano ben rappresentate, forse più tra i relatori che tra i partecipanti: su questo andrà fatto uno sforzo ulteriore, perché come dice Mons Renna “i giovani sono il presente, non il futuro”. Le giornate sono state veramente intense, sia per i temi trattati e soprattutto per la vicinanza a Leopoli (ci separavano solo 600km), dove si continua a morire a causa dell’avidità dei potenti. Siamo tornati certamente con i cuori più pesanti, ma con le menti molto più aperte e gli sguardi più consapevoli. L’Europa è fatta di paesi dalle storie diverse e il retroscena culturale spiega anche i diversi approcci alla fede, ma nonostante le differenze, il confronto, il conoscersi, lo stringere legame, il guardarsi negli occhi aiutano ad andare oltre il pregiudizio e a trovare quante cose ci legano: in primis, l’amore in Gesù Cristo. Tutto questo è una ricchezza inestimabile e da sempre senso a questi momenti di incontro, come lo sono le nostre Settimane Sociali. Noi del Progetto Policoro siamo fortunati perché viviamo per statuto questo approccio ad una Chiesa sinodale, ma purtroppo non è cosa frequente, né in Italia né fuori. Ecco dunque che la nostra testimonianza di affetto fraterno, di cristiani che si riconoscono perché si vogliono bene diventa sempre più importante in questo tempo. L’amore gratuito insegnatoci dal Signore continua ad essere rivoluzionario: la gratuità non ha senso e nessun algoritmo potrà mai prevederla!

 

Mario Viglietti