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Settimane Sociali

La partecipazione per guarire la democrazia malata

La partecipazione per guarire la democrazia malata

La democrazia è malata? E se sì, c’è una cura? In vista della 50ª Settimana Sociale di Trieste, in tanti saranno chiamati a riflettere su partecipazione e democrazia. Ne abbiamo parlato con Antonio Campati, ricercatore di Filosofia politica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

La democrazia è malata?
“Sì, da molti punti di vista la democrazia è in affanno da tempo e i sintomi del suo malessere si manifestano in maniera evidente. Un importante contributo per riflettere su questo tema è senza dubbio il discorso che Papa Francesco ha tenuto ad Atene nel 2021, quando parlò di ‘arretramento della democrazia’: un’espressione che indica proprio la preoccupante diminuzione delle democrazie nel mondo o comunque un forte indebolimento delle loro istituzioni di garanzia. È dunque necessaria una riflessione seria sia da parte degli studiosi delle scienze sociali e politiche sia dai cultori della Dottrina sociale della Chiesa. Il punto di partenza lo indica lo stesso Papa Francesco quando, ricordando che la democrazia richiede la partecipazione di tutti, sottolinea come ciò significhi mettere nel conto un compito faticoso e paziente: la democrazia prevede procedure lente, mentre i regimi non democratici, quelli autoritari in particolare, sono sbrigativi. Tendiamo a dimenticare una differenza così cruciale, trascurando la complessità del sistema democratico, che invece è un elemento da riscoprire, perché è proprio l’inevitabile complessità dei sistemi di garanzia e di rappresentanza a garantire il pluralismo delle opinioni”.

Il ruolo dei media digitali ha contribuito a questa crisi, con l’illusione di partecipare con un semplice clic?
“Certamente, la disintermediazione ha messo in crisi il sistema delle mediazioni che fondano la democrazia rappresentativa, anche se il problema è più profondo e riguarda le trasformazioni di lungo periodo che interessano la società nel suo complesso. Dal punto di vista politico, da un lato, dobbiamo prendere atto che la Rete ha certamente arricchito le pratiche di partecipazione, in maniera più diretta e spontanea, dall’altro lato, però, sarebbe illusorio pensare che questo tipo di partecipazione possa sorreggere la struttura della democrazia; anche perché non dobbiamo dimenticare che le piattaforme digitali sono i nuovi mediatori, fortemente influenzati dalle logiche algoritmiche e capaci di manipolare in maniera sottile la genuina spontaneità delle cittadine e dei cittadini”.

La partecipazione democratica va oltre il voto, coinvolgendo anche i corpi intermedi. Cosa possiamo aspettarci dalla Settimana Sociale?
“L’appuntamento di Trieste può riattivare l’interesse per la democrazia e le pratiche partecipative, ponendo una particolare attenzione al ruolo dei corpi intermedi, avendo bene a mente che le mediazioni sono diventate anche virtuali. L’importanza dei corpi intermedi è legata soprattutto al loro compito di mantenere un rapporto costante tra eletti ed elettori, garantendo l’essenziale equilibrio tra rappresentanza e partecipazione. Inoltre, a partire da una simile constatazione, mi auguro che l’attenzione venga rivolta anche alla richiesta di poter contare su una classe politica all’altezza dei tempi”.

La crisi della democrazia è globale. Qual è la minaccia più preoccupante da affrontare?
“A livello politico-istituzionale, le democrazie devono affrontare le incognite che provengono da un trend illiberale promosso da leader e movimenti molto eterogenei, presenti in Europa e non solo. Proprio tale eterogeneità è forse il vero limite di questa tendenza, perché ostacola la creazione di un modello realmente alternativo a quello della democrazia liberale. Dal punto di vista teorico, dunque, penso sia molto importante tornare a riflettere sulla relazione tra cattolicesimo, democrazia e liberalismo, soprattutto per trovare soluzioni concrete per il rafforzamento della democrazia”.

Andrea Canton