Dagli Atti degli Apostoli al Concilio Vaticano II, fino al Sinodo dei Vescovi: come cambia – o meglio, come si rinnova – la partecipazione all’interno della Chiesa? Mons. Riccardo Battocchio, rettore dell’Almo Collegio Capranica, Presidente dell’Associazione teologica italiana e Segretario Speciale del Sinodo dei Vescovi è intervento ad Assisi in occasione dell’8° seminario invernale di pastorale sociale, appuntamento decisivo nel cammino verso la Settimana Sociale di Trieste, incentrato proprio su partecipazione e democrazia.
Mons. Battocchio ha tenuto la lectio sui primi 21 versetti del capitolo 15 degli Atti degli Apostoli sul “Concilio apostolico di Gerusalemme, quando la comunità primitiva ha dovuto fare delle scelte in ordine all’accoglienza dei discepoli provenienti dal mondo ebraico”. Il confronto sulla circoncisione è una storia di “posizioni differenti che hanno bisogno di tempo per poter poi arrivare a un buon discernimento comunitario e quindi anche a delle decisioni”.
Dagli Atti degli Apostoli “non ci vengono ricette o tecniche particolari”, ma la partecipazione della comunità primitiva. “C’è una presa di coscienza da parte di tutti coloro che compongono la comunità e c’è la ricerca di una soluzione attraverso l’incontro”. La sintesi di Giacomo, che orienta a una decisione destinata ad essere aggiornata nel tempo, è “una decisione parziale, provvisoria, ma importante per permettere la convivenza pacifica tra due componenti della comunità cristiana: quella proveniente dal mondo ebraico, quindi dalla circoncisione, e quella proveniente dal mondo pagano, dalle nazioni, dalla genti”. Anche nel corso della storia sono stati “evidentemente diversi” i modi con cui si è partecipato alla vita della Chiesa. “Per qualche tempo – osserva mons. Battocchio – abbiamo vissuto con una chiara e netta distinzione tra la parte docente e la parte discente della Chiesa. Questa separazione però non corrisponde più a ciò che noi percepiamo e a come la Chiesa vive la propria missione evangelizzatrice. Tutti, infatti, in modo diverso, ma con una comune missione, sono chiamati a testimoniare il Vangelo”.
A Trieste i cattolici – nella loro partecipazione ecclesiale – sono chiamati a pensare alla loro partecipazione in tutti i settori della società. “I cattolici – osserva mons. Battocchio – possono farlo testimoniando che la partecipazione è realmente praticabile: un percorso in cui le diversità possono convergere senza annullarsi, in un progetto comune. È un po’ questo che sta a cuore del cammino sinodale, dove il progetto non è quello che la Chiesa elabora da sé stessa, ma quello che ha ricevuto dal Signore nel mandato di evangelizzare”. La partecipazione dei cattolici può anche “diventare un segno”, se, come dice il Vaticano II “la Chiesa in Cristo è segno e strumento dell’unità degli uomini con Dio e dell’unità del genere umano”, anche “con i nostri cammini provvisori, fragili. La Chiesa può mostrare di essere un segno di speranza in un mondo frammentato, polarizzato, con tante tensioni”.
Andrea Canton